mercoledì 3 agosto 2016

Oh, shaddy slang!

In questo periodo di lavoro, in cui voi tutti sarete in vacanza a crogiolarvi al sole, probabilmente, ho deciso di scrivere un post “easy peasy”, molto semplice e veloce e, perché no, anche utile per le vostre ferie.

Quindi ho deciso di parlarvi di alcune espressioni del linguaggio di tutti i giorni in inglese. Ma quale inglese? I più conosciuti, ossia British & American, visto che nell’inglese neozelandese per esempio non ci voglio mettere dito, essendo molto complesso (più che complesso incomprensibile a dire il vero).



Come avevo già detto in alcuni post precedenti, ho viaggiato molto nonostante la mia giovane età. Sono andata negli States, in Irlanda e Gran Bretagna, tra i paesi inglesi, per poi ritrovarmi in un ambiente molto vario all’università. Infatti, studiando in un corso bilingue inglese-spagnolo, ho conosciuto tantissime persone provenienti da ogni parte del mondo: australiani, americani europeizzati, nordeuropei, neozelandesi ecc. tutti con un inglese diverso e a volte complesso da comprendere specialmente per la pronuncia.

Ma oggi voglio concentrarmi su alcune espressioni che mi sono rimaste in testa e che sento spesso anche da persone che non parlano inglese come lingua nativa. Quindi forse conviene impararle (come i dannati phrasal verbs, c’mon guys!!! Vanno saputi!!!).

Per iniziare, quanti di voi sanno cosa significa “shaddy” (che ho messo di proposito nel titolo)? Pochi, immagino, e anche se guardate online, troverete traduzioni errate come “nascondere qualcosa”; in realtà significa cattivo, noioso, fastidioso, in gergo americano. E in fondo lo slang, ossia il gergo parlato, lo è: difficile, non sempre facile da capire ma che ritorna utilissimo quando si viaggia o si vive all’estero, e anche quando si lavora.

Vediamo dunque 30 delle espressioni più comuni in cui mi sono imbattuta.

  1. You look like hell: americana, abbastanza scortese ma che mi viene detta spesso dai miei amici e compagni di corso quando sono sotto esami e infognata con il lavoro. Significa “hai un aspetto terribile”. Ma terribile davvero.
  2. I’m fresh as a daisy: modo di dire che rimanda un po’ al nostro “sono fresco come una rosa”. Ma invece delle rose in questo caso si parla di margherite. Infatti la traduzione letterale è “sono fresco/a come una margherita”.
  3. I feel rotten: usata per esprimere uno stato di malessere, significa “mi sento marcio/andato a male”.
  4. Life got you down?: si usa quando si vuol chiedere a qualcuno se va tutto bene, un amico o una persona cara che ci sembra giù di corda. Significa ‘’La vita ti ha buttato giù?”.
  5.  Cheer up!: espressione di incoraggiamento che vuol dire “tirati su”.
  6. Quit your…: qui ne ho sentite diverse, specialmente negli States, per dire smettila dibeefing, kvetching, bellyaching: tutti e tre vengono usati come sinonimo di complaining, ossia lamentarsi.
  7. Gosh: molto usata, ma davvero moltissimo, specialmente dagli americani di Boston. Viene usata in espressioni come ‘’Oh my gosh!” o anche solo “Gosh!” come sostituto di God, Dio, per esprimere stupore o come semplice esclamazione.
  8. Son of a sea biscuit!: beh, mi sembra quasi intraducibile o ridicola, ma viene usata abbastanza spesso dagli americani più grandicelli specialmente in California, invece di “son of a bitch” (figlio di putt*), letteralmente tradotto sarebbe ‘’figlio di un biscotto del mare”, facendo riferimento a un famoso cavallo americano chiamato Seabiscuit.
  9. Per dire invece “bel tentativo” o “nice try”, ci sono diverse espressioni, tra le mie preferite e più usate troviamo: “so near/close and yet so far” (così vicino e ancora così lontano), “close, but no cigar” o il simpatico “Close enough for government work”.
  10. What a dump/ what a dump heap/ what a pit: per indicare che un posto è disordinato, una discarica, e fa schifo. Sono tutti sinonimi di ‘’What a mess”, “che disordine”, in maniera un po’ più volgare.
  11. You’re as busy as a bee: sei così impegnato come un’ape, per dire che si ha da fare e si è occupati.
  12. Who died an made you king/Pope/God?: chi è morto e ti ha fatto re/Papa/Dio?, usato quando qualcuno se la tira e ha modi sgarbati e altezzosi.
  13. Se vuoi invitare invece una persona ad andare via, maleducata o sgradevole ci sono diverse espressioni: go fry an egg (vai a friggere un uovo), go suck a lemon (vai a succhiare un limone), go climb a tree (vai a scalare un albero), go play in traffic (vai a giocare nel traffico). Volendo si possono usare anche tra amici, scherzando, senza esagerare ovviamente.
  14. Hush! / Clam up!: due espressioni per  chiedere a qualcuno di fare silenzio.
  15. Per dire che si è stati occupati, indaffarati poi in America vengono usati: “I don’t have time to think” (non ho tempo di pensare), “I’ve been running around with my head cut off” oppure “I’ve been running around like a chicken with its head cut off”.
  16. Per chiedere come va, negli USA vengono molto usate espressioni come “How’s by you?”, “How’s tricks?”, o semplicemente “How’s everything?
  17. Ricordo poi un’espressione che ripeteva spesso il bambino della famiglia di cui fui ospite anni fa, vicino a Boston, che come i suoi amici, per dire ciao, o a dopo, usava “Later, gator” o anche la versione estesa “See you later, alligator”.
  18. Queste espressioni invece le adoro. Le ho imparate negli States e non mi escono dalla testa perché le trovo davvero graziose, per dire che è ora di andare via, lasciare un posto: Let’s get out of this taco stand: andiamo via da questo “taco stand” inteso come un posto economico, non molto gradito. E ancora: Let’s make like a tree and leave, Let’s make like the wind and blow, Let’s make like a banana and split
  19. I dig it: ho capito, ho afferrato.
  20. Roger doger: come per dire ok, capito.
  21. Bullshit: usatissimo ovunque, sentito in America, Irlanda e detto da quasi tutti coloro che
    parlavano un buon inglese. Spesso l’ho sentito in espressioni come ‘’What a bullshit”, “I’m studying bullshit”, è una parola(ccia) usata per indicare un forte dissenso o qualcosa di fastidioso, sgradevole, che non ci piace o di cui siamo in disaccordo. Insomma è una versione più simpatica del semplice “merda”.
  22. Viene anche usato “Baloney” (fesserie, idiozie, scemenze) invece di bullshit, specialmente nell’espressione “That’s a bunch of baloney” per dire “queste sono un mucchio di fesserie”.
  23. When pigs fly: quando i maiali volano. Invece dei nostri asini gli americani preferiscono i maiali. Potete quindi immaginare quale sia il contesto in cui usare questa espressione. Simili ci sono: “when hell freezes over”, “There isn’t a snowball’s chance in hell”.
  24. Dream on: continua a sognare.
  25. Snazzy cool: molto british per dire figo, grande, buono.
  26. Smeg off!: per dire a qualcuno di andarsene, molto rudemente, come per dire fuori dalle palle.
  27. Angon: abbreviazione di “Hang on”, per dire aspetta un momento, rimani in linea.
  28. To be boxed: letteralmente “finire inscatolato”, per indicare qualcuno che finisce in prigione.
  29. Fucked (up): ahhh questa espressione penso sia una delle più usate da me in università prima degli esami. Significa fottuto, oppure anche ubriaco, sballato in alcune comunità americane (poco usato in questo termine).
  30. Turkey: si usa per indicare qualcuno stupido, un cretino, un “tacchino”.
Avevo detto trenta ma alla fine ne ho aggiunta qualcuna, non potevo trattenermi! Sono così belle alcune! Queste sono alcune delle più usate che abbia mai sentito nel linguaggio parlato, ma nei film? Ve ne sono moltissime altre, e chissà, magari questo post avrà altre parti.

Per ora fate tesoro di queste per le vostre vacanze e viaggi. A presto!


E voi, conoscete o siete affezionati a qualche espressione inglese in particolare?


martedì 28 giugno 2016

A cena con Jonathan Safran Foer


Ho deciso di approfittare del meme di Fata Confetto lanciato dal suo blog parole di contorno, per condividere con voi i miei gusti sia letterari/cinematografici che culinari.



Come alcuni di voi sanno, adoro cucinare e inventare nuovi piatti, così colgo al volo l’occasione per passarvi qualche mia ricetta. E quindi iniziamo: per il meme ho scelto Jonathan Safran Foer sia come autore che personaggio letterario e cinematografico.


Quanti di voi lo conoscono? Forse avrete visto il film “Ogni cosa è illuminata’’ tratto dall’omonimo libro, o letto “Se niente importa”. Foer è uno scrittore americano di origini ebraiche famoso per la sua politica vegetariana e contro gli allevamenti intensivi.

Nulla darà la possibilità di sopravvivenza sulla terra quanto l'evoluzione verso una dieta vegetariana.
Albert Einstein

Ma perché ho deciso di invitarlo a cena?

Per diverse ragioni. Prima di tutto, trovo sia uno scrittore brillante e ho apprezzato molto alcuni suoi saggi e libri, lo stesso vale per il film “Ogni cosa è illuminata” che apprezzo molto anche per i riferimenti con uno dei miei autori preferiti, Milan Kundera. Secondo ho molti amici che sono vegetariani, anche mia sorella, quindi mi diletto spesso nella creazione di piatti privi di carne. Terzo ho recentemente scoperto i piaceri della cucina ebraica, grazie soprattutto a una mia compagna di università che purtroppo non si prende abbastanza cura di sé stessa, se così posso dire, e quindi ogni tanto le preparo qualche pietanza vegetariana tipica del suo paese per evitare che la situazione degeneri ulteriormente.


Inoltre, non mangio praticamente mai carne, sia perché non ne vado matta (a parte per il salmone di cui non riesco a fare a meno, probabilmente unica ragione per cui non sono vegetariana) sia perché grazie ai miei studi e al mio lavoro nel campo della veterinaria mi sono ritrovata davanti agli orrori degli allevamenti, specialmente intensivi. Non ci trovo nulla di umano nel maltrattare delle povere bestie specialmente considerando il fatto che il loro destino è già segnato. Ma non voglio fare la polemista, quindi sorvolo.

Detto ciò (e forse mi sono anche dilungata troppo con la mia motivazione), iniziamo con il menù tutto firmato Anna! Le ricette le trovate cliccando sopra i nomi in formato PDF. Quindi… Benvenuto Mr. Foer!

Antipasto


Iniziamo con uno dei piatti preferiti da mio padre: quiche di patate, melanzane e fontina, per poi proseguire con rose di avocado e timo fresco. Tutto accompagnato da un Gavi tranquillo, vino bianco della mia regione.

Foto presa qua: http://www.cosmopolitan.it/lifestyle/cucina-ricette/a113376/avocado-roselline/

Primo


Per ricordare le sue discendenze polacche ed ebraiche, non c’è nulla di meglio, secondo me, degli gnocchi di patate con sugo di pomodoro e basilico, semplici ma che portino alla mente due famosi piatti di queste tradizioni, lo Shakshuka e i Pyzy. Tutto servito in combinazione con un Aquileia Rosato, tipico del Friuli.


Secondo


Chi ha sempre sostenuto che i secondi debbano per forza contenere carne si sbaglia. Per concludere con le portate principali, sempre in compagnia del rosato, ci sono Cestini di parmigiano con crema di avocado e Champignon impanati.

Questa è la mia versione con insalata di patate e uova sode. 


Dessert


Come dolce rispolvero ancora una volta la tradizione ebraica con il Challah, treccia di pane dolce (tra le mille varianti) ripiena di cannella e zucchero di canna (o Nutella per i più golosi). Tipico dolce da gustare in famiglia o con amici il sabato.


Non è proprio una treccia questa ma amen.


E se il signor Foer vorrà, non mancherà di certo un buon caffè all’italiana e un limoncello fatto in casa per concludere la cena.

Spero che le ricette possano tornarvi utili! Se volete ulteriori chiarimenti ovviamente chiedete pure.
Per prendere parte a questo meme fate un salto sul blog di Marilena per avere dei chiarimenti e confermare la vostra partecipazione. E grazie per essere passati sul mio blog!

Una delle maggiori opportunità di vivere i nostri valori - o tradirli - sta nel cibo che mettiamo nei nostri piatti. 
Jonathan Safran Foer, Se niente importa - Raccontare Storie



domenica 26 giugno 2016

Il peggio di internet #14

Eccoci di nuovo qua con la mia rubrica! Ammettetelo che vi stava mancando! Finalmente ho concluso qualche faccenda in sospeso e sono più tranquilla per ripredere a scrivere normalmente. Ecco quindi alcune tra le peggiori cose che ho visto questa settimana… iniziamo!

CLASSIFICA DEL DISAGIO


#10 posto

Dai, ogni tanto mi sembra giusto sponsorizzare un po’ la scienza… no?
Grazie a “Fare serata con Galileo” per tale creazione.




#9 posto

Pubblicizzare un prodotto: lo stai facendo in modo grammaticalmente sbagliato.



#8 posto

E sempre in tema di pubblicità e prodotti ecco a voi le meravigliose istruzioni per... un apparecchio?



#7 posto

Tatuaggi: ma perché dovete fare ste cose? Oh beh almeno è originale!


#6 posto

Ormai le vacanze si avvicinano. Mare, sole, spiaggia, mi raccomando però, ricordatevi la Peroni spray… cioè volevo dire la crema solare.


#5 posto

Mr Bean, mio caro, era proprio necessario tutto questo? Grazie a Rodney Pike per aver creato ciò…





#4 posto

In queste ultime settimane il web è stato inondato da foto di padri e bambini per la #CheerioChallenge che appunto consiste nel mettere più cereali possibili sulla faccia dei propri figli. Devo dire che è un’idea davvero cretina ma per lo meno divertente.





E poi c'è chi fa l'originale...


#3 posto

Ahhh è meraviglioso vedere come una semplice foto può essere riutilizzata in mille modi diversi.

Foto originale.





#2 posto

Ho sempre apprezzato nuove ricette e creazioni. Ma magari su questo concentrato di amido e olio passo.

And the winner is…

Un genio, questa settimana ho deciso di premiare il nuovo dio del photoshop: James Fridman! Le sue opere sono pura arte. Così le persone imparano ad accettarsi così come sono. Se volete farvi fare un photoshop da lui cliccate QUI.









E per gli imperdibili di questa settimana abbiamo una cosetta per voi donne. L’estate si avvicina e per uscire la sera bisogna seguire le nuove tendenze in fatto di moda giusto? E fidatevi non c’è nulla di più sexy che sfoderare il proprio rossetto nuovo quando si è con gli amici! Disponibile in diversi colori e formati. Per soli 4,61€ li potete trovare in offerta su Etsy (QUA).



Grazie per aver letto l’articolo e buona domenica ;)


Vi consiglio di vedere questo video, è davvero grazioso e divertente.

sabato 25 giugno 2016

Le disavventure di uno studente in coaffitto


Quanti di voi hanno passato gli anni dell’università in collegio o affittando camere con altri studenti per contenere le spese?

Ecco io sono una di quelle persone che sta vivendo questa “meravigliosa” esperienza da ormai quasi due anni. E adesso che lo scrivo mi viene da pensare “caspita come vola il tempo!”. Mi ricordo come se fosse ieri quel fatidico 27 agosto 2014 quando mi trasferii ufficialmente a Valencia per iniziare l’università. Due anni… sono davvero passati in un soffio…


Dicevo, in questi due anni di vita lontana dalla famiglia e da casa, ho dovuto pur vivere da qualche parte. Così questa sera ho deciso di raccontarvi qualche (perché sono davvero troppe) mia disavventura come coinquilina e “novata’’ in collegio.

Come ha avuto inizio questa vita universitaria?

Beh i primi mesi in Spagna li ho passati in un collegio vicino al mare ma a quasi un’ora di treno dall’università. Era locato nel bel mezzo del quartiere universitario, tra politecnico, economia, architettura e arte, quindi vi lascio immaginare la quantità di studenti e ragazzi che giravano in quella zona.

Io non sono per niente una festaiola anzi preferisco decisamente starmene a casa a guardare un film in streaming sul pc, a leggere un libro o fare qualunque altra cosa che non sia socializzare e andare in giro mezza ubriaca tra i miei coetanei. Datemi pure della disagiata ma sono così.


Natale 2014
La mia prima sera in collegio hanno organizzato il party di benvenuto e subito mi hanno etichettata come “novata’’ cioè matricola. E si sa cosa succede alle matricole…  qui hanno inizio le mie prime esperienze del cavolo.
Sono stata trascinata a una sangriada improvvisata in mezzo alla strada, giusto per integrarmi un minimo e conoscere qualcuno, dove regalavano sangria fatta dentro un bidone dell’immondizia che Dio mio alla larga da me. Primo errore di Anna, mai rifiutare alcol gratis ed essere sobria a una festa. Il mio secondo errore fu quello di rifiutare di farmi riempire la faccia con disegni fallici e frasi o parole idiote. Terzo e fatale errore fu quello di essermene andata dopo pochissimo.
Spagnoli vi spiego una cosa: iniziare una festa alle 23 o mezzanotte quando il giorno dopo hai lezione o ti devi svegliare alle 6 per prendere il pullman del collegio, non ha senso. Ma tanto ve ne siete sempre fregati da quanto ho visto, in fondo, a che serve andare a lezione? E se bisogna andarci, perché da sobri?

Ecco dopo questa premessa potete immaginare come sia stata tarchiata dalle persone. Asociale, di poche parole, sobria e frigida perché al contrario della maggior parte delle ragazze (spagnole e francesi) non faccio a gara a quanti ragazzi mi porto a letto in un mese. Ma dico, vi sembra divertente?! Che schifo.


Tutto iniziò con persone a caso che bussavano alla porta a orari improponibili: 2,3, 4 del mattino. Gente che urlava a ogni ora, vicini che si mettevano a suonare la tromba nel mezzo della notte davanti alla tua porta, palline di carta igienica bagnata cementate contro il balcone che questa cosa mi ricordo la facevano i miei compagni alle medie. E ancora, bottiglie di birra lanciate sul mio balcone dal piano di sopra, la mia compagna di stanza che dorme mezza nuda e si dimentica cetrioli in frigo per settimane. Bom non sono più riuscita a resistere e terminato il contratto mi sono trasferita.

Sono andata a vivere con Saray, una simpatica studentessa di ingegneria civile al quarto anno, davvero molto gentile e cortese. Ma quando mai ad Anna va bene qualcosa? Pfui! Vuoi che non si trasferisca pure lei?

Così mi sono ritrovata nel mezzo di un via vai di studenti. Gente in Erasmus, francesi, spagnoli e americani che cucinano la pizza surgelata nel tostapane aggiungendoci poi ananas, wurstel, funghi, prosciutto e Dio solo sa che altro chiudendosi poi in bagno in preda a sonore coliti.

Ammetto di aver sempre avuto dei coinquilini negati completamente per la cucina. Uno per esempio aveva ben pensato di fare gli spaghetti mettendoli a bagno in acqua fredda e olio e facendo bollire il tutto per una ventina di minuti. Ovviamente poi avrà pulito il casino atroce che ha lasciato? No, mi sembra chiaro. Escludendo inoltre il lavandino sempre intasato, i contenitori del cibo lavati nel bidet e il frigo che conteneva nuove specie di vita tra muffe e cibo andato a male, non ho mai sopportato
Spagnoli e bidet.
chi mi giudica per il fatto che non esco la sera per andare alle feste con loro o chi mi prende in giro perché sono italiana.
Primo, delle tue squallide festicciole in discoteca me ne frego, meglio una bella serata tra amici, secondo il fatto che sono italiana non vuol dire che parlo male altre lingue e mangio solo spaghetti e pizza, gli stereotipi metteteveli dove dico io.
Ah e terzo, non vi presto il mio letto per divertirvi con le vostre fiamme mentre tradite la ragazza, non mi sembra nemmeno il caso di chiederlo. La prossima volte avete solo da non rompere il letto.

Ma torniamo a noi. Andare a vivere con gente sconosciuta è stata una pessima idea che rimpiango, ho imparato la lezione. Così i primi mesi dell’estate 2015 sono andata a vivere in sub affitto con un amico, giusto per avere la mia pace durante gli esami. Peccato che questo amico, per quanto fidato fosse, ha ben pensato di dichiarare il suo amore nei miei confronti e, udite udite, chiedermi se ero interessata a una cosa a tre lui, X (biondina americana nonché mia compagna di corso al tempo) e me. Questa richiesta, oltre a rendermi ancora più asociale e diffidente, mi ha discretamente sconvolta ma ho resistito le rimanenti settimane prima di tornare in Italia per le vacanze per non stressarmi a dover traslocare di nuovo, specialmente dato che ero sotto esami.

Nel frattempo mi ero messa d’accordo con delle mie compagne di corso e amiche per affittare casa insieme. Ah a settembre sarei tornata e avrei iniziato il nuovo anno in pace e tranquillità in un appartamento decente, senza inconvenienti!

Certo, come no.

Su tre ragazze con cui dovevo andare a vivere nemmeno una alla fine è stata disponibile: la prima perde il padre e torna in Italia (ritornando e ritrovandosi poi ad affittare per 100€ al mese un buco di camera in una casa con 6 tossici e una padrona di casa che truffa la compagnia elettrica), l’altra ha deciso che veterinaria non fa per lei e torna in Finlandia per fare l’infermiera. E l’ultima… beh non lo so nemmeno io che cavolo abbia combinato ma ha preferito andare a vivere con perfetti sconosciuti a 5 minuti dall’università in un paesino lontano da tutto e tutti.

E così a settembre mi sono trovata senza un coinquilino. Bene. Sono riuscita ad andare a vivere con uno studente di odontoiatria che ha insistito per aiutarmi. Ah! Anna ci sei cascata ancora una volta! La gente non offre mai nulla per niente. Per fortuna non è stato così diretto come alcuni coinquilini precedenti, ma in ogni caso vivere in casa con una tensione incredibile non è piacevole, oltre al fatto che mi ha chiuso per sbaglio il gatto in frigo. E nel frattempo cercavo disperatamente appartamento con una mia amica, Sarah, ma ho avuto sempre riscontri negativi. Chiamo qui e “no l’appartamento è stato preso ma se vai in agenzia ti fanno vedere qualcosa di simile’’ o “pronto si? Ti richiamiamo noi’’, ma quando mai.Tra agenzie che cercano di truffarmi e padroni di casa che danno via la casa a chi preferiscono, mi sono molto demotivata.


Johnny con le mie rosse.
Finché, per colpa di quell’imbecille di coinquilino che esce dopo di me e lascia le chiavi nella porta, rimango chiusa fuori casa. La mia amorevole vicina ottantenne, Rosa, consapevole della mia disperata ricerca mi informa che esattamente al piano inferiore si è liberata una stanza. Chiamo mi organizzo ed è fantastico! 150 m2 suddivisi in 3 camere, uno studio, due bagni, cucina salotto e in più una terrazza di 160 m2. E così mi trasferisco (per l’ennesima volta).

Ora qua forse iniziano le avventure più divertenti grazie ai coinquilini che mi sono trovata. G, plurilaureato e ricercatore israeliano, è davvero simpatico ma ha delle orrende abitudini: ha la fissa per la pulizia, peccato che sia pigro e non pulisca mai. Poi gli fanno senso i piatti sporchi, così devia su terzi il compito di metterli anche solo nella lavastoviglie. C ama dare il prosciutto al mio gatto, che adora alla follia tanto da viziarlo rimpinzandolo di cibo e addestrandolo a parlare. A, deve farmi saltare i nervi quando faccio ginnastica in terrazza fischiandomi o commentando ogni mia azione (mentre il vicino di casa mette a palla Eye of the Tiger per irritarmi ancora di più). Ma di questi solo G è rimasto vista la collaborazione lavorativa che abbiamo costruito e la reciproca asocialità che porta pace e armonia durante i fine settimana e nel frattempo si è aggiunta Sarah, la mia cara amica che però è già ripartita mollando tutto per ricominciare veterinaria in Polonia.


E con questa convivenza, cosa mi è capitato? Beh ammetto che ci sono diverse cose che mi danno sui
Ah dimenticavo l'appendino per gli asciugamani...
nervi: quando qualcuno lascia i gusci d’uovo nel lavandino, quando riescono a incasinare tutto dopo che ho appena finito di pulire, il cretino che rompe la lavatrice e che ora funziona al contrario, quando un fantasma si mangia i miei fichi senza chiedere o butta via qualcosa che mi serve, oppure l’ultimo casino fatto con il condizionatore che per poco non mi fa impazzire. G, ha infatti pensato di collegare il condizionatore della sala a camera sua perché ha troppo caldo e non riesce a lavorare o studiare. Così ha costruito una fantastica struttura che attraversa tutta casa e non funziona; per risolvere ha deciso di usare il condizionatore di camera mia senza chiedere finché poi non ha deciso di comprarne uno di seconda mano che ha collegato con un tubo che attraversa la cucina e scarica l’aria calda sul terrazzo. Geniale vero?

Dopo tutto però vivere per conto mio mi piace e ho vissuto tante belle cose negli ultimi due anni. Ma non vedo l’ora di poter tornare a casa e costruirmi una mia vita senza tubi che passano dalla cucina né gatti che rimangono chiusi nel frigo.


E ora ditemi: quali sono le peggiori esperienze di convivenza o le più divertenti che avete mai vissuto?

Lui è sempre il miglior coinquilino!

lunedì 20 giugno 2016

Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma


Titolo curioso vero? Chissà quanti di voi ne hanno colto il significato. Ma di cosa vi parlerò mai? Lavoisier? Fisica? Chimica? Anche, ma a modo mio. Oggi vi parlo di un simbolo a me molto caro: l’Uroboro, anche detto ouroboros o oroboro. E cosa centrerà mai con il titolo? Lo scoprirete leggendo.


Non so se vi ricordate, tempo fa vi raccontai una mia stranezza: ho 5 piercing sull’orecchio destro, anche se l’idea originale è di farne 7, con un preciso significato (amore, amicizia, passione, sogno, arte, scienza e me stessa). Il primo dal basso, che rappresenta me stessa, volevo caratterizzarlo mettendoci un orecchino proprio di un Uroboro, che cerco da anni e non ho mai trovato (ma alla fine ho deciso di costruirmelo da sola). Detto ciò, iniziamo a parlare di questo simbolo.

Quando vogliono scrivere il Mondo, pingono un serpente che divora la sua coda, figurato di varie squame, per le quali figurano le Stelle del Mondo. Certamente questo animale è molto grave per la grandezza, si come la terra, è ancora sdruccioloso, perché è simile all’acqua: e muta ogn’anno insieme con la vecchiezza la pelle. Per la qual cosa il tempo facceno ogn’anno mutamento nel mondo, diviene giovane. Ma perché adopra il suo corpo per il cibo, questo significa tutte le cose, le quali per divina provvidenza son generate nel Mondo, dovere ritornare in quel medesimo.
Hieroglyphica, Orapollo, V secolo d.C.

Uroboros” è un termine di origini greche che significa “divoratore della coda’’ ed è uno dei simboli mistici più antichi esistenti: in generale è rappresentato da un serpente (o drago) che si mangia la propria coda creando un cerchio, ma nel corso del tempo ha assunto forme leggermente differenti.

Non ha né un inizio né una fine, sembra immobile e in movimento allo stesso tempo, sparisce divorandosi, eppure esiste. Ciò ha molteplici significati: la ciclicità delle cose, della natura creatrice e distruttrice, vita e morte, che plasmano l’energia dell’universo in un eterno rinnovarsi.

Il serpente in sé, è uno dei simboli più antichi e diffusi nelle culture di tutto il mondo, come quelle mediorientali o quella di egizi, celti e molte altre, animale considerato sacro, sinonimo passionalità, morte e fortuna. Le sue caratteristiche sono associate a forze sovrannaturali e ultraterrene, come il periodico cambio della pelle per crescere o il veleno, letale e allo stesso tempo curativo, considerato in passato come un elisir di lunga vita; seppur siano credenze antiche, hanno un fondamento dimostrabile con il sapere odierno.

Da un punto di vista biologico l’ecdisi (muta) è il periodico, costante e regolare rinnovamento della pelle che permette ai rettili di crescere e raggiungere dimensioni, stadi o colorazioni differenti. Se il serpente, o rettile, non muta, non cresce e se la pelle si stacca a pezzi e non in una volta sola è sintomo di problemi, causati da patologie, infezioni, malessere dell’animale e un ambiente inadeguato per il suo benessere.
Il veleno di alcuni serpenti invece viene ampiamente utilizzato nella medicina estetica, in creme antirughe, iniezioni per non invecchiare, rimanere “giovani per sempre” e nella cura dei tumori. Per esempio quello delle vipere Cerastes cerastes e Macrovipera lebetina contiene un enzima, la fosfolipasi A2, nota per la sua attività antitumorale e antiinfiammatoria, oltre a possedere proprietà antimicrobiche, che lo hanno reso ideale per la preparazione di molti antibiotici. Alla fosfolipasi A2 si aggiungono anche le metalloproteasi, la disintegrina, la L-amminoacido ossidasi e molte altre sostanze che sono odiernamente studiate per la cura di patologie neoplastiche.

È anche simbolo prediletto di maghi e occultisti ed è presente nella tradizione gnostica: il serpente aveva destato nel cuore dell’uomo la bramosia di conoscenza causando così la cacciata dal Paradiso terrestre.

Il “Serpens qui caudam devorat” rappresenta l’idea che l’intero universo sia un’entità, un organismo unitario, di cui le singole parti, qualunque distanza le separi, sono legate tra di loro in modo necessario.
L’Uroboro è il serpente capace di morire e rinascere continuamente: rappresenta l’infinito, l’eternità, la rinascita e l’immortalità.

L’antica alchimista Cleopatra usa questo simbolo nella sua “Crisopea” come emblema per fabbricare l’oro: il serpente metà bianco e metà nero (come lo Yin e lo Yang della tradizione Taoista cinese) rappresenta il bene e il male, perfezione e imperfezione, le due componenti che costituiscono la materia, Zolfo e Mercurio, uomo e donna, Sole e Luna che insieme creano il “filius philosophorum” (archetipo nella filosofia junghiana) o anche la “lapis philosophorum” (pietra filosofale) a seconda delle interpretazioni.  

In alchimia, l’Uroboro viene trasformato in un drago alato per caratterizzare la volatilità di alcuni composti, risultante da una trasformazione, e in particolar modo rappresenta il concetto “En to Pan”, ossia “Uno il Tutto”. Questo a sua volta riconduce alla legge della conservazione della massa che si fonda sul postulato di Lavoisier “nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”.

Tutto si trasforma in mille combinazioni fino a ripetersi infinite volte in un tempo eterno, in un sistema finito. Non è forse il fondamento dell’Eterno ritorno dell’uguale di Nietzsche?

Ogni cosa fa parte di un ciclo che non ha né inizio né fine, si ripete all’infinito, da cui è impossibile sfuggire: non si può scappare all’eternità, al tempo. Cosa può fare l’uomo allora se non accettare la sua sorte? La sua vita si ripeterà per un numero infinito di volte. In questo concetto solo gli uomini superiori possono apprezzare il senso del ritorno dicendo di sì al passato e al futuro, trasformando il “così fu” in “così volli”.
Che accadrebbe se, un giorno o una notte, un demone strisciasse furtivo nella più solitaria delle tue solitudini e ti dicesse: "Questa vita, come tu ora la vivi e l'hai vissuta, dovrai viverla ancora una volta e ancora innumerevoli volte, e non ci sarà in essa mai niente di nuovo, ma ogni dolore e ogni piacere e ogni pensiero e sospiro, e ogni indicibilmente piccola e grande cosa della tua vita dovrà fare ritorno a te, e tutte nella stessa sequenza e successione - e così pure questo ragno e questo lume di luna tra i rami e così pure questo attimo e io stesso. L'eterna clessidra dell'esistenza viene sempre di nuovo capovolta e tu con essa, granello di polvere!". Non ti rovesceresti a terra, digrignando i denti e maledicendo il demone che così ha parlato? Oppure hai forse vissuto una volta un attimo immenso, in cui questa sarebbe stata la tua risposta: "Tu sei un dio e mai intesi cosa più divina"? 
Friedrich Nietzsche, La gaia scienza, Libro IV 

Il serpente che si morde la coda non è forse l’Io con la coscienza? Contiene in sé elementi opposti che alla fine si congiungono come Io e Tu, soggetto e oggetto, senza mai separarsi. Dal caos iniziale, dal passato ossia la coda, inizia l’indifferenziazione dell’inconscio e la totalità della psiche. Il serpente uccide sé stesso e rinasce da sé stesso in un cerchio infinito autosufficiente.
L’Uroboro è la rappresentazione dell’infinita attrazione degli opposti e della loro uniformità nell’essere. Rappresenta l’uomo: luce e ombra, imperfezione e perfezione, anima, il sé, l’incontro e l’unione di coscienza e inconscio. Così fu e così sarà per sempre.

Quale cerchio, palla e rotondo esso è il chiuso in sé stesso, senza principio e senza fine; nella sua perfezione premondana è anteriore a qualsiasi decorso, eterno, poiché la sua rotondità non conosce alcun prima e alcun dopo, cioè alcun tempo, né alcun sopra e sotto, cioè alcuno spazio.
John von Neumann


Ecco quindi, riassunto, il perché della mia affezione per questo simbolo. In fondo, poi, si riunisce anche alla mia passione per rettili e in particolar modo ai serpenti, che tanto mi hanno dato nella mia vita, gioia, dolore, soddisfazioni e allo stesso tempo mi hanno portato alla solitudine di chi viene abbandonato per pregiudizi e paure.

A volte penso che non abbia altra ragione di vivere se non mordermi la coda, divorare il passato, e andare avanti, nell’incommensurabile solitudine dell’essere, perché da questo cerchio non ho scampo.